L'articolo Pubblicato su ItaliaOggi: leggi il testo cliccando qui
di Pierluigi Magnaschi
Dopo un lungo e travagliato percorso, con l'approvazione al Senato, la riforma universitaria è diventata finalmente legge dello Stato.
Non risolve certo tutti i problemi che sono sul tappeto ma sicuramente ha la possibilità di iniziare a risolverli. Che l'università italiana, ad eccezione di alcuni esempi positivi (che dimostrano che se si vuol gestire al meglio ci si riesce), sia in uno stato deplorevole, non lo dicono solo i politici della maggioranza ma lo dicono anche, in maniera concorde, gli istituti internazionali di rating che ogni anno monitorizzano l'affidabilità delle varie università.
Negli ultimi trent'anni gli atenei italiani sono stati oggetto di un accanimento legislativo con riforme in gran parte motivate da pregiudizi ideologici e che astraevano dai risultati formativi e di ricerca conseguiti.
L'autonomia universitaria, prima invocata e poi concessa per poter rispondere al meglio alle esigenze, alle volte specifiche, dei vari territori, è stata troppo spesso concepita come libertà di sprecare risorse pubbliche, nel conseguimento di obiettivi campanilistici, quando non clientelari. La conseguenza di questo andazzo da paese dei balocchi è stata la coriandolizzazione e la liceizzazione (quando le cose andavano bene) delle università, con un spreco immenso di risorse e un rendimento deprimente nel campo della formazione e della ricerca.
Cambiare direzione, intendiamoci bene, non sarà facile.
Le resistenze saranno imponenti come si è visto anche nelle manifestazioni di piazza degli ultimi giorni alle quali non partecipavano certo i massimi beneficiari del mantenimento delle cose come stanno.
Non sarà facile, ad esempio, adottare la selezione meritocratica in un corpaccione, sia pure per fortuna variegato, di 60 mila docenti, tra ordinari, associati e ricercatori a tempo indeterminato ai quali si debbono aggiungere (altrettanti!) docenti a contratto e un numero non facilmente determinabile (ma sicuramente imponente) di precari che emerge dal mondo dei dottorandi e dagli assegnisti di ricerca.
Nella patria ingessata dai diritti acquisiti, le riforme non basta certo approvarle ma bisogna anche riuscire ad applicarle.
Una cosa però è certa.
Con la riforma della Gelmini, l'università italiana ha imboccato una svolta.
Anche se il convoglio che adesso dovrebbe fare questa curva ha il freno arrugginito e tirato. Ma nel frattempo, sono cresciute anche le forze che hanno capito che l'innovazione meritocratica non è più eludibile. Anche se queste forze, non si sa perché, non sono amate dal sistema mediatico.
pubblicato in ItaliaOggi Numero 305 pag. 2 del 24/12/2010 |
dal sito TuttoScuola
Graduatorie blindate senza possibilità di aggiornamento fino al 2013. Vale a dire che per due anni scolastici (2012/2013, 2013/2014) non ci potranno essere modifiche agli elenchi provinciali ad esaurimento degli insegnanti. Impossibile tentare la sorte in altre province se la propria è troppo ingolfata. Le graduatorie esistenti vengono prorogate e mantenute tali e quali. Impossibile andare da Nord a Sud e, soprattutto, viceversa.
Lo prevede il milleproroghe votato ieri in Consiglio dei ministri. Sono ancora in corso verifiche sul testo, ma la cosa sembra fatta. La decisione, si legge nel testo del decreto, è stata presa "nelle more dell'emanazione del regolamento sul reclutamento del personale docente delle scuole di ogni ordine e grado". Regolamento che è ancora in fase di studio.
Il sindacato Anief è subito intervenuto a commentare la notizia, che, se confermata, scrive l'organizzazione, "deve in primo luogo passare dalle forche caudine del Parlamento dove già una volta sono stati cambiati i testi di legge approvati dal Governo".
L'Anief "solleciterà gli onorevoli e i senatori a non approvare una norma che vorrebbe intervenire soltanto e inutilmente per evitare il trasferimento a pettine previsto per il prossimo aggiornamento e bloccato dalla Gelmini e dalla Lega. Se la Corte costituzionale, infatti, si pronuncerà a favore del pettine, questo assumerà titolo giudiziale, ragion per cui tutti i ricorrenti Anief dovranno essere inseriti subito a pettine dal commissario ad acta prima delle prossime convocazioni. A quel punto, anche i non ricorrenti potranno rivolgersi all'Anief per ottenere un pronunciamento del giudice del lavoro sul risarcimento danni e sulla mancata stipula del contratto di lavoro. Cui prodest? Anche per questa ragione - chiude il sindacato - chiederemo la soppressione di questa eventuale norma che creerebbe soltanto l'ennesimo pasticcio e confermerebbe l'incapacità del ministro Gelmini di gestire le graduatorie come i suoi predecessori".